Quale quadro si va delineando nella vicenda sulla presidenza del parco nazionale? Proviamo a decifrarlo.
LA DESTRA E LA SINDROME DI TRUMP
Si deve partire dalla situazione generale. In questo momento in Italia c'è al potere una destra trumpiana. Certo, non brutale come l'originale, ma con quei caratteri. La destra di governo sta compiendo un'occupazione militare dei posti nelle istituzioni culturali. Non per affermare, legittimamente, una cultura di destra (la sbandierata egemonia culturale della sinistra è solo un pretesto), ma per esclusiva protervia politica.
Per quanto riguarda le istituzioni scientifiche, e i parchi nazionali questo sono in sostanza, c'è di peggio. Non si tratta solo di poltrone o amichettismo. Soprattutto in questo caso siamo alla sindrome di Trump. Meno cattiva, ma neanche troppo soft. Ovvero a un'insofferenza per la scienza, spesso considerata ideologia di sinistra.
https://www.valigiablu.it/schillaci-nomina-no-vax-comitato-vaccini/
Ora, è vero che talvolta l'ambientalismo ha caratteri ideologici, se non apertamente pseudoscientifici. Ma in tema ambientale la destra mostra quasi esclusivamente tesi ideologiche, dove le evidenze scientifiche passano in terzo piano: se non sono funzionali alla propaganda, vengono omesse o stravolte, se non derise in maniera becera. Anche qui spesso viene fatta passare l'idea che pure nel campo ambientale la sinistra ha un'egemonia. Quindi un pretesto per occupare anche quei posti con figure senza alcun profilo accademico. Tutto ciò è espresso esplicitamente dalle parole di un pittoresco consigliere regionale:
https://www.quinewselba.it/arcipelago-toscano-elba-parco-petrucci.htm
Non si può ridurre la terna proposta dalla destra nazionale a semplice amichettismo. I danni che possono fare persone non competenti o apertamente sostenitrici di pseudoscienza rischiano di essere enormi in un'istituzione scientifica. Come sta dimostrando appunto Trump:
https://www.valigiablu.it/trump-smantellamento-scienza-controllo-pensiero/
SPIACENTI, DONNE E COMPETENTI, SOLO POSTI IN PIEDI
Veniamo alle questioni locali. C'è da rimanere davvero sconcertati a vedere come anche la sinistra elbana plauda alla terna di candidati proposta dalla politica locale. Si potrebbe giustificare: ora il mazzo lo ha in mano la destra, e bisogna giocare con le carte che si hanno in mano, ovvero accettare nomi di destra. Ma il punto è che la logica della scelta è proprio sballata. A maggior ragione è dovere mettersi di traverso. Guai subire la contingenza esistente. Spieghiamoci meglio.
Per i sindaci isolani il normotipo di presidente deve essere elbano, maschio e cooptato alla politica. La competenza è un accessorio, se solo uno su tre ha un profilo accademico scientifico e gli altri due hanno esperienze meramente amministrative. Se un'eccellenza culturale/scientifica non è nel “club esclusivo dei vip politici” (cioè quasi mai) non verrà mai presa in considerazione. La ragione è semplicissima: la politica elbana non sopporta le persone troppo libere di esprimere giudizi. E quindi mine vaganti in un sistema incancrenito. Un sistema ormai suicidatosi dal punto di vista ambientale, come ben espresso dal rapporto Legambiente sull'urbanistica:
https://www.elbareport.it/politica-istituzioni/item/74557-urbanistica-ambiente-boom-di-illeciti-e-denunce-all-elba-e-in-provincia-di-livorno
Un presidente fuori dalla logica politica locale, e quindi una zeppa negli interessi localistici, è un rischio troppo grosso da correre per i sindaci dei sette pollai.
Sul profilo dell'elbanità ci torneremo in ultimo. Analizziamo prima gli altri due. È incredibile (ma credibile in realtà) che in oltre 20 anni non sia mai stato fatto un nome al femminile. Eppure, anche all'Elba, ci sono eccellenze di cultura scientifica e tecnica tra le donne, in grado di guidare con competenza e conoscenza un parco nazionale, che potrebbero mettersi nel taschino (e tutti insieme, non uno per uno) i 3/5 nomi che sono stati fatti. Non stupisce che le valentìe muliebri non vengano prese in considerazione: basta guardare le compagini amministrative, dove le donne sono spesso affiliate in un ruolo ancillare di candidati sindaci, maschi alfa da cabaret.
Anche la cooptazione, se non la totale appartenenza, alla politica non stupisce. Altrimenti si farebbero nomi veramente di caratura scientifica e profonda conoscenza del territorio, che non sfigurerebbero alla guida del parco nazionale e marcherebbero la distanza necessaria tra ruoli politici (spettanti agli amministratori) e scientifici (fondamentali per la gestione del parco). Per esempio: perché non è mai stato fatto il nome di Franco Cambi? Un curriculum accademico di tutto rispetto, una profonda conoscenza del territorio, anche di carattere storico, coi suoi studi sul paesaggio antico (si veda il suo pregevole saggio “Ruri rurant”); un'ottima capacità d'analisi, con riferimenti a documenti tecnici e di ampio respiro, con cui fonda i suoi articoli.
Si parla fino allo sfinimento di conoscenza del territorio, come requisito fondamentale del presidente. Anche qui quante eccellenze elbane si troverebbero facilmente? Autori di saggi sul territorio, esperti delle problematiche insulari, persino valide guide ambientali. Invece quanto i sindaci isolani intendono per conoscenza del territorio, va in realtà inteso come coinvolgimento nei gangli dell'amministrazione, e quindi solo una conoscenza burocratica del paesaggio. Niente di più.
Non c'è da illudersi: certe figure competenti del panorama locale (al netto se sarebbero disposti ad accettare) sono tutte persone troppo libere e troppo fuori dai giochi amministrativi per avere come sponsor la miserevole politica elbana.
PARCO E POLITICA: DUE “P” AGLI ANTIPODI
Le categorie economiche elbane, tra le altre, pongono una condizione: “un confronto aperto con cui i candidati potessero presentare pubblicamente i programmi e visioni del Parco”.
https://www.elbareport.it/politica-istituzioni/item/74925-presidenza-del-parco-le-categorie-economiche-elbane-contestano-la-scelta%20del%20governo
Siamo totalmente fuori strada. Questa è una condizione che si deve porre alla politica, non a un ruolo scientifico. È doverosa per chi si mette al servizio di un elettorato e affronta una prova democratica, non per chi deve prendere decisioni su argomenti come la biodiversità e la gestione ambientale. Temi su cui non ci sono divisioni partitiche, ma prevale il metodo scientifico. Che, come diceva Piero Angela, non è democratico. Altrimenti il parco diventa un ente puramente politico, di pari grado a quelli amministrativi.
Perché qui dobbiamo piantare un paletto. Il parco deve occuparsi della gestione scientifica del territorio, la politica di quella amministrativa. Ovviamente i due piani devono parlarsi, al limite anche intersecarsi. E infatti esiste l'istituzione della comunità del parco. Ma ben sapendo che giocano due sport diversi. Altrimenti si casca nella pericolosa propaganda, che purtroppo ha fatto presa su molti elbani, con il ritornello “questa cosa non funziona: ha stato il parco!!!”, applicata a settori che sono di competenza alle varie amministrazioni politiche e non al parco. Logica che ha fatta propria, manco a dirlo, la destra, ed è ben esemplificata dalle parole del suddetto pittoresco consigliere, puntualmente smontate da Umberto Mazzantini.
https://www.quinewselba.it/marciana-marina-elba-mazzantini-petrucci.htm
Se i due corni della questione non rimangono ben distinti, si rischia il pericolo di una gestione del parco “politico-amministrativa”, come ente sovracomunale che sconfina anche nell'ingerenza del governo politico del territorio. Una stortura antidemocratica, poiché gli amministratori, piacciano o non piacciano quelli attuali, passano da scelte elettorali, la dirigenza del parco no.
Per questo il Pd, pur facendo un'encomiabile battaglia, sbaglia quando asserisce che il parco deve essere un “organismo sovracomunale e sovraordinato ai comuni”.
https://www.elbareport.it/politica-istituzioni/item/74891-pd-ricorsi-in-ogni-sede-contro-nomine-al-parco-di-incompetenti-senza-titoli
Si potrebbe obiettare che i paletti tra i due ruoli li mette la legge 394/91. Vero. Ma in una logica spartitoria, partitica e lottizzatrice, quale giustamente denuncia la sezione elbana di Sinistra italiana, quel poltronificio, in passato evocato dal partito che adesso lo sta nei fatti realizzando, apre a scenari molto inquietanti.
https://www.elbareport.it/politica-istituzioni/item/74836-i-parchi-nazionali-occupati-dalla-destra-che-non-li-voleva-il-direttivo-dell%E2%80%99arcipelago-toscano-rischia-di-diventare-una-riunione-di-fratelli-d%E2%80%99italia
Anche in questo caso non si può derubricare tutto ad amichettismo. Il rischio è che per prima volta la destra al governo cavalchi la vulgata ideologica per trasformare le presidenze dei parchi, facendole sconfinare dalla scienza al potere politico antidemocratico, esercitato da un partito sulla pelle di tutti, amministrazioni e cittadini. Con i camerieri elbani a raccogliere le prebende, silenti e contenti. E in barba alla loro passata narrazione di parco brutto e cattivo.
FAMOLO ELBANO? ANCHE NO
Ripetiamo: il parco è prima di tutto un'istituzione scientifica. E lo scenario che deve prendere in considerazione è non solo locale, ma anche globale. La gestione del territorio delle sette isole e (si spera in un vicino futuro) del loro mare nell'ottica del panorama mediterraneo e anche più ampio, la minaccia della crisi climatica, la salvezza delle biodiversità, sono priorità anche per l'arcipelago. All'Elba troppo spesso la politica locale è stata disinteressata a questi temi, se non dannosa (si veda la solita questione urbanistica), quasi sempre impreparata culturalmente. C'è da chiedersi se gli amministratori leggano, non diciamo (per carità di patria) papers scientifici, ma almeno articoli di divulgazione su quesi temi. Ma la risposta è scontata: no, non li leggono.
Per la portata di tali questioni non può diventare un mantra l'elbanità di un presidente, men che meno uno cooptato alla politica locale. È la competenza il requisito cruciale. Incarnata dai primi tre presidenti, anche e forse soprattutto dal vituperato Mario Tozzi. Anche qui va scardinata una logica logora e provinciale, proponendo nomi di spessore, anche di rilevanza nazionale. Persone di grande competenza, fuori dalle miserie localistiche ed elettoralistiche. La partita sarebbe persa comunque, dato che questa destra trumpiana non prende neanche in considerazione quelle eccellenze scientifiche, che pure non le sarebbero ostili politicamente, perché come abbiamo visto chiaramente le interessa solo l'occupazione del potere politico dei posti, nient'altro. Ma la politica elbana e regionale li potrebbe proporre, almeno per respingere la logica imperante al governo. Smascherare l'insussistenza di un governo senza alcuna credibilità nelle scelte.
In conclusione mi domando. Ci siamo ormai lasciati incartare dalla miseria dell'esistente e della contingenza, del basso provincialismo? All'Elba esiste ancora la voglia di uno slancio verso l'alto e il meglio?
Andrea Galassi






